giovedì 4 novembre 2010

Obama e i sogni piccoli piccoli

… e anche generici generici!
Obama ha perso e i commentatori si perdono a riproporre la  vecchia e sterile contrapposizione tra “sognatori” e “pragmatici”: sì, vanno bene i sogni, ma, poi, occorre tornare per terra.  Si tratta di una contrapposizione che è un caso particolare di una contrapposizione più generale tra “teoria” e “pratica”.
E’ ora di piantarla!.
Obama non ha perso perché aveva grandi sogni che la società americana non ha capito o lui non è riuscito a far capire. Obama ha perso perché i suoi sogni erano piccoli e generici. Troppo simili alla retorica.
Se rileggete tutte le sue parole, noterete che non esiste né la proposta del disegno concreto e dettagliato di una nuova società e neanche il disegno di un percorso per arrivarci. La sua riforma sanitaria è la vittoria di una visione collettivista del sociale che si è presa la rivincita verso la parte individualista della società americana. Ma non è neanche una vittoria di Pirro. E’ una vittorietta che ha subito  mille mutilazione e che la parte perdente non attende altro che diventare parte vincitrice (come per un pezzo ci è riuscita) per eliminare. Non c’era il disegno preciso di una nuova società solidale che metteva insieme, cercandone una nuova ed inedita sintesi,  i poli del collettivismo e dell’individualismo. Non c’è stato e non poteva esserci perché non c’è stata prima la riflessione (meglio: uno studio alto e profondo) sui due modelli sociali antagonisti per comprenderne i contributi originali ed imprescindibili anche se non esaustivi.

Obama ha perso perché è stato un sognatore istintivo, ma banale e superficiale. Che non ha saputo declinare il suo sogno in una nuova società. Obama ha perso perché non aveva una buona teoria. Obama ha perso perché le sue conoscenze delle dinamiche dei sistemi umani erano troppo primitive.
Purtroppo ora verrà, almeno nel breve, la stagione dei “pragmatici” e degli “spontanei”. E sarà una stagione pasticciata e devastante. Perché i pragmatici non è che non abbiano una teoria sulla società. E’ che ce l’hanno povera povera, vecchia vecchia. A loro sembra concreta perché la conoscono bene. E a loro sembra non concreta qualunque altra teoria della società, banalmente perché non la riconoscono.
Cosa fare? Ripartiamo da noi. Noi abbiamo sviluppato una proposta di processo (come fare) per progettare socialmente una nuova società: l’Expo della conoscenza.  Rileggiamola, giudichiamola, miglioriamola ed andiamo a raccontarla. A me sembra un grande sogno che ha le gambe per diventare realtà.

2 commenti:

  1. possiamo quindi dire che servono grandi Visioni, ove per grandi non significa di dimensioni grandi ma complesse, vive, dinamiche, larghe, smart, inclusive, lungimiranti, adattive. Forse la parola sogni, almeno nel nostro linguaggio assume sfumature un pò negative, per questo meglio visione.
    Ma oltre il contrappunto linguistico il tema è: COME?
    ovvero il tema diventa metodologico.
    Perché o siamo fortunati e, "dal cielo", qualcuno ci aiuta..oppure dobbiamo fare noi. non c'è altra via.
    Così per la società in generale, così per le imprese e la politica più nello specifico. Mi sta capitando tantissimo in questi mesi, di incontrare manager che dimostrano autorevolezza, potere, importanza..e poi chiedono un aiuto perchè hanno capito che la loro organizzazione sta arrivando al capolinea. ovvero non sanno più che fare per tenerla in piedi, per creare nuovi prodotti, per trovare mercati...tutto sembra saturo, oppure già visto, già fatto..e così il tema non è solo come cambiare e fare innovazione (piccola o grande per quanto possibile) entro ciascuna impresa ma come far fare un salto di fase all'intero sistema...e qui il discorso prende pieghe così larghe e "assurde" agli orecchi dei managers..che questi capiscono che è davvero la loro unica via..ma la burocrazia in cui sono immersi li ferma (quando l'intenzione è sincera) è così, figuriamoci per la politica. a questo punto, di nuovo, il tema torna ad essere metodologico, come far avvenire un cambiamento così grande così largo così profondo...che prende tutto (o quasi) intorno a noi...si tratto proprio di generare un profondo senso di cammino insieme, di progettazione, per ridurre i timori e per indurre la proattività positiva...e così...che le conversazioni diventino progettuali....trovo che ripartire dalle fondamenta per influenzare linguaggi, metafore, possibilità di pensiero, sia un modo affascinate e possa davvero funzionare...così sono già avvenuti tanti cambiamenti storici di cui oggi possiamo godere i frutti. a noi quindi una sfida così grande da far innamorare.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.